Altri tipi di Alopecia

Alopecia androgenetica o “calvizie comune”
E’ la forma più conosciuta delle alopecie non cicatriziali. E’ anche chiamata, con termini riduttivi, seborroica, precoce, maschile. E’ caratterizzata da iniziale perdita dei capelli del vertice e successivo coinvolgimento alopecico di tutta la parte alta del cuoio capelluto, con tipico risparmio della nuca e delle tempie, fino alla calvizie “a corona”. L’alopecia androgenetica è accompagnata spesso, ma non costantemente, da seborrea e desquamazione furfuracea.

Alopecia fronto-parietale maschile
Clinicamente è caratterizzata da innalzamento della linea fronto-parietale dei capelli che assume, nel maschio, la tipica forma a M (“stempiatura”). Non è un preludio obbligato all’alopecia androgenetica. Infatti, non di rado si osservano soggetti calvi che conservano inalterata la linea di attaccatura frontale e viceversa, e più frequentemente, soggetti “stempiati” con densità dei capelli nella zona del vertice perfettamente mantenuta. L’alopecia androgenetica e l’alopecia fronto-parietale maschile si comportano quindi come due forme indipendenti, determinate probabilmente da geni diversi e non necessariamente coesistenti nello stesso individuo.

Alopecia da radiazioni
La radiodermite del cuoio capelluto può fare seguito a trattamenti radianti a scopo terapeutico (tumori maligni), ad accertamenti diagnostici, ad eventi bellici o ad incidenti sul lavoro. Nella radiodermite acuta (rara) si può avere alopecia transitoria mentre in quella cronica, che può manifestarsi anche dopo 20-30 anni e più dalla data di inizio dell’esposizione, la cute diviene secca ed atrofica (ridotta di spessore), mancano le strutture pilosebacee e si evidenziano teleangectasìe (dilatazioni permanenti dei piccoli vasi superficiali della cute) e discromìe (variazioni del tipo e della tonalità dei colori). Sulle radiodermiti croniche possono facilmente insorgere epiteliomi spinocellulari (anche a distanza di anni).

Alopecia da trazione
E’ un’alterazione piuttosto frequente e rappresenta la diretta conseguenza di trazioni continue e ripetute sui capelli: legatura, trecce, bigodini, messa in piega, permanenti. Nei casi più modesti il danno è evidenziabile solo al microscopio per la presenza, nella ripartizione percentuale dei capelli caduti in un lavaggio, di Anagen e di capelli spezzati (normalmente assenti). In quelli più gravi invece già all’esame clinico si osservano eritema perifollicolare, pustole e leggera desquamazione; come per la tricotillomania, a lungo andare, possono determinarsi dei danni irreversibili. Le sedi più colpite sono quelle dei margini di inserzione, dato che a questo livello la trazione meccanica è massimale.

Tricotillomania
Il termine indica un disturbo psico-neurotico in genere difficile da diagnosticare con certezza e ancora più difficile da fare accettare ai genitori del paziente. Si tratta per lo più di bambini che, più o meno coscientemente, prendono l’abitudine di attorcigliare e tirare i capelli con le dita. L’alopecia si manifesta preferibilmente nelle aree fronto-parietali con chiazze irregolari della grandezza di anche diversi centimetri, nelle quali i capelli sono in parte assenti ed in parte spezzati all’altezza di 2-3 mm (al di sotto di questa lunghezza non è infatti possibile afferrarli con le dita). Il cuoio capelluto appare indenne. Se nell’area interessata vengono asportati i capelli superstiti si potrà osservare la completa assenza di quelli in fase telogen. Istologicamente, nei casi gravi, il follicolo può subire fratture nella continuità della matrice e distacco della guaina epiteliale esterna da quella connettivale con successive emorragie intra ed extra follicolari e riparazione più o meno completa con tessuto cicatriziale. Ciò determinerà, anche se lo stimolo cessa, la persistente impossibilità di produzione di un capello normale (tricomalacìa).

Alopecia post-gravidica
Si manifesta con un “telogen effluvium” (caduta di soli Telogen maturi) 2-3 mesi dopo il parto; tende a risolvere spontaneamente ed è dovuta alla brusca caduta degli estrogeni circolanti (con conseguente relativa e transitoria carenza degli estrogeni stessi) e all’azione della prolattina (fisiologicamente molto alta durante la gravidanza e l’allattamento) associate allo stress del momento.

Alopecie post-infettive
Si manifestano durante o dopo stati morbosi ben definiti. Quella tifica e quelle che avvengono durante gravi stati febbrili determinano in genere un effluvium in Anagen, mentre quelle conseguenti a malattie febbrili più blande, alla sifilide secondaria, all’ epatite virale e ad infezioni ad andamento cronico in genere si presentano solitamente con il quadro del “telogen effluvium”.

Tigna, Kerion e Tigna favosa
Con il termine tigna si intende l’aggressione del capello (o del pelo) da parte di un micete (fungo). La tigna del cuoio capelluto (tìnea capitis) si presenta con una o più chiazze eritematose, desquamanti, nelle quali i capelli sono spezzati e di aspetto impolverato (spore del fungo).

A seconda del tipo di micete in causa, le chiazze potranno essere singole o poco numerose, a limiti netti, rotondeggianti, di diametro fino a 5 cm, con capelli troncati 2-3 mm sopra l’emergenza dal cuoio capelluto (tigna microsporica), oppure più numerose, a limiti indistinti, di disegno irregolare e larghezza non superiore a 1-2 cm, con capelli troncati all’emergenza (punti neri) associati ad altri “superstiti” all’interno della chiazza (tigna tricofitica).

Il contagio può derivare dal contatto con animali domestici, animali da stalla, suolo, altri esseri umani. La tigna, se ben curata, regredisce e si risolve definitivamente in 4-6 settimane.

Nel Kerion alcuni dermatofiti, ed in particolare i tricofiti zoofili, determinano perifollicoliti e follicoliti profonde e suppuranti che successivamente si fondono dando origine a chiazze rilevate fortemente eritematose, sormontate da formazioni papulo-nodulari e pustolose dalle quali fuoriesce pus in quantità abbondante in seguito a pressione anche modesta.

I capelli che si trovano all’interno delle chiazze vengono inizialmente troncati dal micete e successivamente eliminati definitivamente dal processo suppurativo cicatriziale.

La tigna favosa, rara in Italia, è una micosi del cuoio capelluto determinata di solito dal Tricophyton schonleinii, antropofilo, e, più raramente, dai Tricophyton quinckeaneum e gallinae. Si presenta con chiazze eritemato-squamose perifollicolari centrate da una pustola (abbastanza grande) che successivamente si apre lasciando una depressione giallastra a scodellina (scutulo), di 5-7 mm di diametro, dallo sgradevole odore di “urina di topo”, costituita da ammassi di filamenti miceliali, spore e lamelle cornee disposte in modo concentrico attorno al follicolo.

L’esame alla luce di Wood evidenzia una fluorescenza giallo-verdastra. Gli scutuli possono estendersi in modo centrifugo raggiungendo i 2-3 cm di diametro e confluire poi in ampie masse crostose giallo-verdastre, stratificate e friabili, all’interno delle quali si possono trovare dei capelli assottigliati, opachi, decolorati, impolverati e facilmente asportabili. La terapia è prolungata e, se non effettuata correttamente e precocemente, può non impedire l’evoluzione finale in alopecia cicatriziale (caratteristicamente all’interno delle chiazze permangono ciuffi di capelli superstiti).

Alopecia Iatrogena – da farmaci
E’ una alopecia in Telogen, o talvolta in Anagen, diffusa e spesso intensa. Storica ad esempio l’alopecia da acetato di tallio, una volta usato come alopecizzante per la terapia delle tigne del cuoio capelluto, ma reperibile ancora oggi nei ratticidi (rischio di ingestioni accidentali o a scopo suicida). Va sottolineato che tutte le alopecie iatrogene risolvono spontaneamente alla sospensione del farmaco responsabile.

Alopecia areata
Dopo l’alopecia androgenetica è sicuramente la forma più “coinvolgente” E’ di tipo non cicatriziale ed è generalmente caratterizzata da una o più chiazze, rotondeggianti od ovalari, di diametro medio di 3-4 cm, prive di capelli o di peli (in particolar modo della regione della barba), senza alterazioni (talvolta è presente leggera e reversibile atrofia dell’epidermide) e segni clinici di infiammazione (solo in rari casi il colorito può essere roseo e associato a modesto edema), con follicoli piliferi conservati (ma talvolta non visibili ad occhio nudo) ed apparentemente indenni.

La cute può apparire leggermente ipotonica (iperlassità probabilmente dovuta alla scomparsa delle radici dei capelli). Alla periferia delle chiazze, che hanno tendenza ad allargarsi in modo centrifugo, sono presenti dei piccoli capelli in fase anagen, corti e spezzati (4-12 mm di lunghezza), di aspetto distrofico, caratteristicamente sempre più assottigliati andando dall’estremità distale (scura e rigonfia) verso il bulbo (assottigliato e decolorato), definiti “capelli a punto esclamativo”. Sono tipici dell’alopecia areata e conseguenza dell’alterato funzionamento delle cellule della matrice.

L’asportazione, con pinzette, di questi capelli, è particolarmente agevole a causa della mancanza delle guaine di ancoraggio. Sia il tricogramma che il controllo microscopico dei capelli caduti in un lavaggio dimostrano un effluvio in anagen distrofico. Per quanto riguarda l’eziopatogenesi sono stati, di volta in volta, chiamati in causa stati ansiosi, malattie endocrine, infettive, ecc., anche se l’ipotesi che attualmente gode di maggior credito è quella di una patologia autoimmune verosimilmente scatenata da uno stato ansioso-depressivo.

Secondo il parere di alcuni Autori, l’alopecia areata si determinerebbe quando un insulto forte porta ad un brusco arresto delle mitosi di tutti i capelli che in quel momento si trovano nella fase più delicata della crescita e a massimo indice mitotico (sottofase anagen VI) con successiva caduta in anagen distrofico. Istologicamente nella chiazza recente si osserva un infiltrato linfocitario prevalentemente perifollicolare e perivascolare, nella chiazza stabilizzata un follicolo distrofico (piccolo e atrofico) e in quella di vecchia data scomparsa dell’infiltrato perifollicolare e atrofia completa del follicolo (circondato da fasci collageni ispessiti ed anelastici).

La preferenziale localizzazione al vertice può essere spiegata tenendo conto che a questo livello l’anagen è più lungo rispetto alle zone temporo-parieto-occipitali eccettuati i margini di inserzione; questo dato giustifica fra l’altro la scarsa tendenza autorisolutiva e gli spesso insoddisfacenti risultati della terapia delle alopecie di queste ultime zone (alopecia areata maligna od ofìasi).

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